INTERVISTA A DANIELE BARCA
La Vita Scolastica 2/2018
Innovazione tecnologica, piano digitale, Indicazioni nazionali per il curricolo, didattica per competenze: sono alcune delle sfide che la scuola sta affrontando. Come sta rispondendo? Possiamo fare un primo bilancio?
La sfida per le scuole è armonizzare strumenti (libri, strumenti tecnologici “antichi”, come la vecchia LIM, stampanti 3D), curricoli e formazione. La tecnologia in sé, come operazione di logica, logaritmo, si deve sposare a quella più strumentale, di comunicazione, che traduce in digitale tutti i saperi. La sfida è proprio l’educazione ai media con i media: la nostra cultura scolastica ci ha cresciuti nel mito dell’educazione al senso critico. Oggi, questa educazione passa anche attraverso la rete, i contenuti pervasivi, la diffusione di news e fake news. Se prima il cittadino che terminava il suo ciclo di studi doveva confrontarsi con i libri, i quotidiani e la TV per formare il suo giudizio, oggi contenuti e saperi entrano nella nostra vita senza filtri, senza mediazione. Ai ragazzi/uomini di domani la scuola deve insegnare a orientarsi e a decidere con la propria testa e identità. Alla scuola servono grandi testimoni, “sognatori con il righello”, ma anche mani in pasta, laboratori sugli strumenti dove toccare e provare. Il modello efficace dell’unità di lavoro del Piano della formazione può essere questo: alcune ore di illuminazione e cambio di mentalità, alcune di programmazione dell’intervento in classe, un tesoretto da spendere in classe su una precisa unità didattica (di Italiano, Storia, Geografia... il digitale non è solo programmazione!), altre di documentazione(pensando a una società dove il video, il tutorial e il videoclip occupano “praterie” educative tanto più radicate quanto più informali, quotidiane), altre infine di valutazione e verifica. Ecco allora le parole del digitale: studenti, comunità scolastica, identità, valutazione, metodologie, ambienti, curricoli, ma anche booktrailer, video, realtà aumentata, modellazione e stampante 3D, BYOD, coding, tinkering... Senza trascurarne due più semplici: territorio e famiglie. Il primo può essere una leva per dare continuità alle azioni del PNSD: un atelier digitale non può restare chiuso, deve essere pensato come spazio di socialità, intorno al quale costruire appuntamenti che facciano sentire la scuola come centro di proposta culturale. Quanto alle famiglie, l’obbligo scolastico ci mette a confronto con i principali fruitori dei social, del digitale nel lavoro e nella vita privata (nel bene e nel male). Quale migliore occasione per dare vita a una comunità che si forma non solo al terrore che incute la pervasività del digitale, ma anche alla scoperta di opportunità? Il PNSD diventerà effettivo se si aprirà al territorio e a tutti i protagonisti della scuola.
Come entreranno questi temi nel convegno nazionale organizzato a Modena da Giunti Scuola e CampuStore nella prossima primavera?
Il programma del convegno ruota intorno a tre spunti: le parole, i protagonisti, il presente del digitale a scuola. Nel primo giorno chiameremo a raccolta i testimoni del digitale, italiani e stranieri, che ci offriranno interventi esperienziali e di visione. Studenti, ricercatori, visionari, uomini e donne di scuola, uomini e donne che fanno scuola anche se a scuola non ci vanno da un po’: gente con la testa nel futuro, anche se le storie di alcuni di loro vengono da molto lontano. Il secondo giorno metteremo le mani in pasta: pochi “maxilaboratori” che segnano la strada sull’uso del digitale a scuola; molti microlaboratori per portare a casa un’idea, un oggetto, un software, una lezione, uno strumento. E poi continuare il dialogo a distanza, perché se immediatamente o al settembre successivo, quelle idee, oggetti, software, lezioni, strumenti diventassero realtà nelle classi ci piacerebbe aiutare gli insegnanti tenendoli in contatto con i nostri esperti, e poi invitarli a raccontare le proprie esperienze sulla rivista oppure on line.
Quale contributo possono dare gli insegnanti della scuola primaria per innovare le proprie scuole?
Determinante è realizzare il curricolo per l’innovazione. I team da un lato devono sfruttare la programmazione per classi parallele per realizzare attività in tutte le classi, magari anche a classi aperte; dall’altro, devono individuare uno strumento cui legare l’innovazione. Per esempio, domandarsi quale innovazione è più opportuna nelle varie età, oppure per quanto tempo portare avanti un’attività. Il coding quando lo collochiamo? E la stampante 3D? E le “apine”? Insomma, non basta adottare lo strumento: è necessario anche costruirgli intorno le condizioni per farlo diventare efficace per l’apprendimento. Senza dimenticare la LIM come strumento di narrazione e sfruttamento dei contenuti digitali dei libri. E poi è necessario costruire alleanze: in verticale, con i colleghi di infanzia e secondaria per fare peer education e scambiarsi informazioni e strumenti. I tanti e ottimi istituti tecnici informatici diffusi sul territorio possono offrire con i loro studenti numerose occasioni per crescere insieme nelle classi. Un’esperienza formativa a 360 gradi per tutti!
Un’ultima domanda: come sarà la scuola del futuro?
Attiva, non c’è dubbio. Altrimenti non sarà. Con uno spirito molto anni ’70, va riscoperto l’attivismo pedagogico. Il digitale è importante, ma viene dopo. E va visto come opportunità per tutti, non come passione di pochi. Come Paese, come sistema, come scuola, serve un coinvolgimento di tutte le comunità scolastiche e la capacità di vedere tutto ciò come una risorsa, non come un problema. Scuola attiva non vuol dire sposare questo o quel credo pedagogico, ma assecondare le classi che abbiamo di fronte. La scuola come organizzazione deve sapere creare opportunità uguali per tutti. Il docente deve trovare la chiave per entrare nelle menti e nei cuori di tutti. Menti e cuori, sensi e costruzione del pensiero. Anche un robot, superato il danzare pittoresco, deve essere l’occasione per riflettere e chiedersi: “Dove mi colloco io in questo mondo?“. Una domanda che dobbiamo porci insieme ai nostri studenti, grandi o piccini che siano. Sogno un mondo in cui non ci incontreremo per sognare la scuola che sarà, ma per raccontare con orgoglio la scuola che in tutte le classi vive il suo tempo. Ora. Now!
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