“Abbiam passato ben altro che un temporale. Chi ci ha custodite finora, ci custodirà anche adesso”, sono le parole dell'iconica Lucia Mondella nel bel mezzo dell’ondata di peste di cui si parla nei Promessi Sposi. Parole attuali che ci mostrano un’Italia forte, capace di affrontare le difficoltà con coraggio...
Occorre premettere che inizialmente la peste viene affrontata molto male dalle autorità che chiudono gli occhi sul contagio, mentre il popolo diventa facile preda di quelle che oggi chiamiamo fake news o che Virgilio chiama "la brutta bestia della fama". Ed ecco scatenarsi un vero e proprio delirio collettivo che, avendo individuato un obiettivo sbagliato, non fa altro che accrescere il contagio. A errore si aggiunge errore quando i magistrati preposti al governo di Milano ritengono di combattere bandendo una grande processione del corpo di San Carlo Borromeo: alla magia si vorrebbe contrapporre l’efficacia rassicurante della religione (sempre di sottofondo nel romanzo). Il Cardinal Federigo, dapprima rifiuta per timore di aggravare la situazione (“gli dispiaceva – scrive Manzoni – quella fiducia in un mezzo arbitrario”), ma poi cede alle pressioni.
Intanto il contagio si moltiplica.
Tuttavia, come dicevo prima, nel “peggio” dell’orrenda situazione morale portata dalla peste (cadaveri abbandonati ovunque, monatti che saccheggiano le case dei malati, madri sbalordite dal male che abbandonano i figli…), ecco anche il “meglio” delle luci che scintillano in quel buio: soprattutto i Cappuccini con la loro carità eroica ( ricordiamo soprattutto il cardinal Federigo Borromeo) , si dirigono“con amore incontro alla peste come a un premio, come a una vita, quando ci sia da guadagnare un’anima a Cristo“ e a essere disposti anche ad abbandonare “questa vita mortale, piuttosto che questa famiglia, questa figliolanza nostra”. Renzo,entrato nella Milano appestata alla ricerca della sua Lucia, a un certo punto è chiamato da una povera madre dimenticata in casa. Perciò le dona due pani, e le promette di avvisare qualcuno che la possa liberare: cosa che farà quasi subito, informandone un buon prete incontrato sul suo cammino. Ma subito dopo ecco una vera scena che ne rispecchia il carattere cinematografico del romanzo, osservata quasi al rallentatore dagli occhi stupefatti di Renzo: scendeva dalla soglia d’uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunziava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; una bellezza velata e offuscata, ma non guasta. La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d’averne sparse tante; c’era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un’anima tutta consapevole e presente a sentirlo.
È l’episodio della madre di Cecilia, la bambina che porta in braccio “tutta ben accomodata, co' un vestito bianchissimo, come se quelle mani l’avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio”. Cecilia è morta, ma la madre – pur sconvolta – non vuole mancare minimamente di rispetto alla dignità umana della figlioletta. È una nuova “luce” nel racconto, e finisce per affascinare persino il monatto che si avvicina alla donna per prenderle la bambina dalle braccia, ma “con una specie… d’insolito rispetto, con un’esitazione involontaria”. Sarà poi la madre a mettere il corpicino sul carro su cui sono ammassati tanti altri cadaveri, offrendo una mancia al monatto e chiedendogli di seppellire la figlia senza “levarle un filo d’intorno, né di lasciar che altri ardisca di farlo”. Ed ecco come si conclude l’episodio:
Il monatto si mise una mano al petto; e poi, tutto premuroso, s’affaccendò a far un po’ di posto sul carro per la morticina. La madre, dato a questa un bacio in fronte, la mise lì come sur un letto, ce l’accomodò, le stese sopra un panno bianco, e disse l’ultime parole: – addio, Cecilia! riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restar sempre insieme. Prega intanto per noi; ch’io pregherò per te e per gli altri –. Poi voltatasi di nuovo al monatto, – voi, – disse, – passando di qui verso sera, salirete a prendere anche me, e non me sola.
Come si vede, tutto finisce con la morte ma esiste una “comunione dei santi” per cui tutti siamo legati come in una catena d’amore.
Una dolorosa speranza che dà coraggio al povero Renzo... Ma intanto vale la pena di riportare l’insegnamento prezioso e attualissimo che Manzoni ci propone alla fine dei capitoli sulla peste, suggerendo – dinanzi alle complicazioni della vita – quel “metodo proposto da tanto tempo, d’osservare, ascoltare, paragonare, pensare, prima di parlare”.
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