IL CASO TUT
Negli ultimi decenni la ricerca nel campo delle biotecnologie ha fortemente contribuito allo sviluppo di interventi integrati per la conservazione del patrimonio culturale. Le biotecnologie perciò contribuiscono anche al monitoraggio dei beni archeologici ai fini diagnostici, conservativi e di restauro.
Nel 2009 è stata analizzata la mummia del Faraone deceduto a soli 19 anni. Poiché l'imbalsamazione permette di conservare una parte di tessuti organici, è stato estratto il suo DNA che è stato poi confrontato con altre 15 mummie per stabilire parentele e creare un albero genealogico di generazioni.
Tutankhamon era affetto da equinismo del piede sinistro, a un dito del piede mancava un osso e le ossa di una parte del piede erano andate distrutte per necrosi. Inoltre è anche stato scoperto dall'analisi del DNA che il Faraone avesse contratto più volte in forma grave la malattia della Malaria.
Scienziati inglesi hanno addirittura rivelato che in realtà il giovane fosse figlio di un incesto (padre e sorella). Proprio la parentela del Faraone ha contribuito alla sua morte: nei casi di incrocio tra consanguinei è più probabile la manifestazione di malattie recessive presenti nella famiglia.
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