Gianna Vitali, fondatrice insieme a Roberto Denti della Libreria dei Ragazzi di Milano, è morta nella notte tra il 13 e il 14 gennaio. Raccogliamo in questo piccolo libro alcune testimonianze con cui nostri amici e collaboratori hanno voluto ricordare e rilanciare la lezione intellettuale e civile che Gianna e Roberto hanno lasciato.
“Bisognava cominciare a cambiare il mondo da qualche parte, e quella parte non poteva essere che la parte dei bambini e dei ragazzi…".
Gianna Vitali
Carla Ida Salviati, esperta di letteratura per l'infanzia
Gianna Vitali, che se ne è andata nella notte tra il 13 e 14 gennaio, per noi tutti che ci occupiamo di libri per ragazzi è stata molto di più che la semplice compagna di vita e d’avventura intellettuale di Roberto Denti. Esattamente come Roberto, amava l’aneddotica e quindi tante volte ci ha raccontato episodi legati alla loro vita di librai, all’origine della scelta pionieristica di aprire la prima libreria specializzata per ragazzi dell’Europa continentale (in Gran Bretagna ce n’erano già da un secolo).
Gianna non possedeva la facondia verbale del suo compagno, che pareva inesauribile, e al quale volentieri lasciava il palcoscenico. Possedeva piuttosto la forza dell’intelligenza meditata e solida, delle letture ampie e profonde oltre ad un raro gusto per l’ironia che non venne mai meno, neppure quando l’esistenza le si fece più difficile.
Davanti all’irruenza di Roberto, che si accendeva quando si parlava dei libri che egli non amava (I Promessi Sposi e Il piccolo principe erano oggetto di divertenti anatemi durante gli innumerevoli incontri che la coppia teneva in giro per l’Italia), lei faceva il contrappunto col sorriso sornione: una volta, sedutami accanto mentre mi sbellicavo, mi sussurrò: “per far tacere Roberto non abbiamo altra scelta che organizzare una battuta di caccia e abbatterlo!”.
La Libreria dei ragazzi nel centro di Milano, a due passi dal Duomo, è stato il luogo d’incontro di tutti – assolutamente tutti – coloro che, nei lontani anni Settanta, si dedicavano all’editoria infantile, materia dimenticata (non di rado, disprezzata).
Ed è stata modello per molte altre imprese simili che andarono poi nascendo in Italia, a Torino, a Roma, a Cesena, a Firenze, a Genova…
Ricordo lo stupore che ci prendeva, a noi giovani, quando vedevamo “lo spreco” di spazio delle esposizioni dei volumi “di piatto”, e Gianna con Roberto sempre lì presenti, a organizzare incontri (ogni settimana c’era un giorno deputato, e gli autori erano Munari, Rodari, Mino Milani…), a spiegare le novità di un’editoria che usciva allora dal guscio e poi a consigliare gli insegnanti, che si incaponivano a cercare "Cuore"…
Dopo la scomparsa del marito, Gianna Vitali non ha mai mancato di correre (con le sue tre gambe) dove veniva chiesta la sua testimonianza di libraia
e di appassionata lettrice, instancabile e sempre disponibile punto di riferimento.
Da ultimo, ha accettato di essere la madrina del convegno "A scuola si legge!" dell’ottobre scorso, un omaggio che la Giunti le ha voluto riservare come riconoscenza verso un’intera vita dedicata alla diffusione dei libri, alla formazione dei librai e degli insegnanti. Ho ancora nelle orecchie il lungo applauso che il pubblico le ha tributato.
E pensare che tutta la vicenda della Libreria dei Ragazzi è cominciata da una storia d’amore e da un’idea bizzarra: “E se insieme aprissimo una libreria solo per i bambini? Che ne pensi, Gianna?”. “Non ho mai sentito un’idea più scema... Quando cominciamo?”.
Roberta Giommi, sessuologa
Ho incontrato Gianna Vitali negli anni Novanta, per una presentazione alla Libreria dei Ragazzi del programma di educazione sessuale dai 3 ai 18 anni che avevo scritto insieme a Marcello Perrotta. Con quei libri, io e Marcello avevamo voluto lanciare una sfida all’Italia, che non prendeva nessuna decisione su temi importanti per la tutela della crescita e per lo sviluppo della parità, della salute e del rispetto.
Ero così orgogliosa di aver potuto realizzare un progetto che metteva al centro gli uomini e le donne, i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze!
Gianna e Roberto ci hanno accolto in libreria con premura, e con premura hanno accolto i nostri libri. Autorevoli, calmi, propositivi, li hanno accompagnati con l'energia delle persone colte e coraggiose che hanno voglia di mettersi in gioco.
Le sfide di chi anticipa e ha coraggio sono sempre preziose. Ma hanno bisogno, per realizzarsi pienamente, di libertà e continuità. Per questo ringrazio e saluto oggi Gianna, con il desiderio che ci possa essere qualcuno che ne raccoglierà l’eredità profonda, il profondo desiderio di mettersi ogni volta in gioco.
Teresa Porcella, libraia e scrittrice
Essere madri significa stare, saper stare.
Stare, cioè esserci, prima ancora che tu sia, prima ancora che tu sappia.
Stare, cioè restare e non andare via, da quando nasci a quando deciderai di andartene tu, non lei, per non sottrarsi mai a gioie e dolori, non importa quanto piccole o quanto grandi, che lei, la madre, sa fare propri senza mai appropriarsene, marcando un’alterità priva di qualunque estraneità.
Stare, cioè starci, accettare qualunque provocazione o gioco anche per sdrammatizzare, nelle cupezze e nelle esaltazioni, quegli eccessi di noi stessi che possono costituire derive identitarie.
STABAT MATER
C’è l’ha insegnato Jacopone: le madri stanno.
E Gianna c’è stata come poche, a ribadire, ce ne fosse il bisogno, che l’investitura a esser madre la dà l’etica e non la biologia.
Gianna c’è stata, quando Roberto Denti, il suo Roberto, le ha chiesto nel 1972 di raccogliere la sfida di aprire la prima libreria per ragazzi in Italia. La sua posizione fu chiarissima: “Non ho mai sentito un’idea più scema. Quando cominciamo?”
STABAT MATER. Perché si può essere madri anche del proprio compagno, se si sa sposarne la follia, quando si intuisce che lì c’è un germe fecondo.
Gianna c’è stata quando c’era da rimboccarsi le maniche nel Friuli del 1976 distrutto dal
terremoto. La foto del matrimonio, dove lei (grembiule a fiori e calzettoni rossi) e Roberto passano tra due ali di folla che fa arco con zappe e vanghe, dice molto di questa coppia, di questa donna e di come, se tu sai camminare accanto ai dolori degli altri, poi c’è il caso che gli altri facciano scudo alla tua gioia, con lo stesso passo.
STABAT MATER. Perché solo le vere madri sanno dislocarsi esattamente nei luoghi e nei cuori di chi assumono come figlio.
Gianna c’è stata per moltissimi bambini e ragazzi, ora autori, illustratori, scrittori che le debbono prima ancora che l’aver imboccato un mestiere, di aver imboccato il vicolo nascosto del Sé, percorrendo il quale hanno scoperto di poter fare un lavoro a propria immagine e somiglianza.
STABAT MATER. Perché solo le madri sanno farti scoprire chi sei grazie a una fiducia manifestata con pudore, spesso solo con una pacca sulla spalla, un sorriso, una stretta più forte della mano.
Gianna c’è stata per assai più bimbi e ragazzi, in libreria e nelle scuole e nelle piazze di tutta Italia, che non hanno percorso i mestieri dei libri, ma che dai libri da lei consigliati hanno tratto gioie e riflessioni che hanno consentito di affrontare i mille altri mestieri del vivere.
STABAT MATER. Perché le vere madri sono quelle che sanno darti la chiave di te, anche se tu a lei, alla madre, non somigli affatto.
Gianna c’è stata con gli amici e i familiari, con la solidità di chi sa dire sempre le cose come stanno, anche a costo di dire verità scomode, perché solo nell’onestà di visione e di relazione possono esserci le fondamenta di un affetto vero.
STABAT MATER. Perché se non cambiava l’esigenza di dir sempre la verità, sapevano cambiare i modi, a volte, ironici, a volte ruvidi, a volte di insospettabile dolcezza, con i quali la verità sapeva essere declinata.
Gianna c’è stata per tutti, con la fermezza di chi sa stare ritta in piedi e con la spavalderia di chi sfida il suo stesso bastone, con la gioia di chi mangia, ride, beve e fuma, a dispetto di un cuore che avrebbe voluto ben altre cautele, perché stare con gli altri significa stare, appunto, non guardare dal di fuori.
STABAT MATER perché, se per concederti un po’ di tempo in più su questo mondo, rinunci all’intensità del tempo che ti è stato dato, madre non sei.
Mi è stato chiesto in che modo Gianna ha contribuito, per noi librai, a indicare delle strade.
Non riesco a rispondere a questa domanda, se non dicendo che Gianna era libraia nella misura in cui era Gianna tutta intera. MATER, in tutti i modi che ho detto sopra.
Con Roberto, ha saputo aprire una strada e dire all’Italia che ci dovevano essere le librerie per ragazzi, con la stessa energia limpida e potente con cui ha saputo e voluto essere presente in Friuli, a contrastare le furie del terremoto. Ha saputo leggere una quantità sconfinata di libri, senza mai cadere nel tranello della saccenteria o dell’esibizione, esattamente come ha saputo entrare in contatto profondo con una quantità enorme di persone (grandi, piccole e così così…), senza mai creare
rapporti di sudditanza, ma solo una rete enorme di affetti con i quali ha anche parlato assai di libri e di ideali, ma a cui, costantemente, per oltre 40 anni, ha mostrato che non si ha l’autorevolezza di parlare se, intanto, non si fa e non si sta.
Oggi, 18 gennaio 2016, al funerale di Gianna, c’eravamo tutti, parenti amici, editori, autori, illustratori, librai, compagni del Friuli e chissà quanti altri di cui non saprei dire ruoli o mestieri. Poco importa. C’eravamo tutti, anche quelli che non c’erano, e per tutti è stato naturale salutare Gianna, cantandole “Bella ciao” .
Così come è stato naturale dopo, alla Libreria dei Ragazzi, bere il vino e mangiare il frico (il piatto tipico della cucina friulana che avevano mangiato lei e Roberto al matrimonio) che Vera Salton, la sua figlia piccola libraia, ha preparato per tutti noi.
Ecco, ho imparato che le librerie, se tu ci sei stata, possono ospitare anche un banchetto d’addio che è non è un addio, perché, come nei libri, i grandi personaggi non muoiono mai per davvero, ma aspettano solo di essere letti un’altra volta.
STABAT MATER ET STAT.
Annalisa Strada, scrittrice
Si dice "Alma Mater" e si pensa all'università, agli studi. Considero Gianna Vitali la mia Alma Mater: il suo atteggiamento curioso, libero e aperto verso qualsiasi libro e qualsiasi autore mi hanno insegnato moltissimo. Sapeva essere ironica, caustica, irriverente ed era sempre - irrimediabilmente - onesta e lucida. Una critica da lei era un regalo: una preziosa indicazione per affrontare un libro, una scrittura, un tema in maniera diversa, un autentico sprone. I suoi complimenti, un corroborante.
Conservo di lei, come di suo marito Roberto Denti, un ricordo che è più che caro: è sostanziale.
Sono stati rivoluzionari e con il loro spirito immaginifico hanno creato un settore. Senza la loro infaticabile opera di divulgazione e conoscenza il settore dei libri per bambini non sarebbe nemmeno lontanamente ciò che è ora.
Persone come Gianna, e come Roberto, non muoiono mai davvero perché vivono nella trasformazione che hanno innestato nel tessuto anche sociale.
Lasciano un'eredità che è una grossa responsabilità e che per niente possiamo lasciar cadere. Un'eredità che è fatta anche e soprattutto dell'esempio di innovazione di cui si sono fatti carico. Sapessimo essere altrettanto "nuovi", faremmo un salto quantico a ogni stagione.
Sabina Stavro, cofondatrice della casa editrice di divulgazione per bambini e ragazzi Editoriale Scienza
Ho conosciuto Gianna insieme a Roberto in uno dei miei primi incontri di lavoro nella Libreria dei Ragazzi di via Unione. Io e mia sorella Helene eravamo sedute sulle leggendarie poltrone di cuoio di Roberto ed entrambi furono molto cordiali e affettuosi con noi perché, come mi raccontò Gianna, mio fratello Gianni li aveva aiutati quando vennero in Friuli dopo il terremoto. Fu un’esperienza di cui Gianna mi parlò spesso e che ci avvicinò subito perché per tutti noi, nati e cresciuti in quella regione, fu quello un momento davvero di grande dolore, ma anche di solidarietà e di incontri sorprendenti.
Era facile rimanere incantati e affascinati da Roberto con i suoi aneddoti e la sua grande competenza e passione per il mondo della letteratura per ragazzi, Gianna la dovevi scoprire invece un po’ alla volta. La sua ironia, le sue battute taglienti e la sua intelligenza mi conquistarono e non la persi più di vista. Quello che scoprii in seguito fu la sua generosità, assieme al suo impegno politico e civile che non ha mai avuto un tentennamento e un dubbio.
Andavo a trovarla quando potevo, non c’era una fiera di Bologna senza una cena insieme, e in questi incontri coglievamo l’occasione per scambiarci notizie sulle nostre famiglie e sulle conoscenze comuni, proprio come si fa con un’amica.
Poco tempo fa Gianna mi ha fatto vedere una foto, vecchia e sbiadita ma bellissima: lei e Roberto avanzano tra due ali di persone che presentano loro i badili al posto dei fucili. Sono in Friuli e stanno andando a sposarsi, tutte le persone con cui avevano condiviso il lavoro da volontari rendono loro un omaggio scherzoso. Ridono tutti e due contenti, Gianna ha un incredibile paio di calzettoni rossi e un grembiule a fiori, cammina con un’aria felice e divertita accanto a Roberto. Ecco, voglio ricordare così la Gianna, accanto al suo Roberto in quella giornata per loro così speciale.
Ciao bella ciao
di Loredana Farina, editore
Quando l’ho conosciuta io, “la Gianna” era una biondina magrolina e sempre con gli occhiali scuri.
In via Tommaso Grossi ci ho messo un sacco di tempo a scoprire che la libraia era lei, perché non parlava mai. Roberto diceva sempre: “Io faccio bla bla, ma è la Gianna che lavora e legge”. Difficile però per me capire cosa facesse in libreria.
Scoprii poi che il suo primo lavoro era stato quello di rappresentante di vini e superalcolici, che le piacevano le macchine da corsa e che aveva frequentato assiduamente tutti i locali notturni del lungomare della Versilia. Aveva anche viaggiato, viaggiato molto. ncontrò Roberto – il suo grande amore che aveva diciotto anni più di lei – a Ulan Bator, in Mongolia. Prima di sposarlo, aveva vissuto con lui al Cavour, allora grande albergo di Milano, e andavano sempre a mangiare dalla Bice, in via Manzoni.
Prima di sposarlo, aveva vissuto con lui al Cavour, allora grande albergo di Milano, e andavano sempre a mangiare dalla Bice, in via Manzoni. Aperta da soli tre anni la Libreria, aveva mollato tutto ed era andata in Friuli a portar soccorso ai terremotati.
Per me, che ero sbarcata a Milano con la valigia di cartone dell’emigrante dal profondo Nord, non erano premesse rassicuranti. Anzi.
Ce ne abbiamo messo del tempo per diventare amiche. Ci siamo anche scazzate molto. Però sono stata la prima persona presso la quale è andata ospite. Non lo aveva mai fatto in vita sua.
Non era mai lei a telefonare. Se però sparivo per un po’, quando la chiamavo mi ruggiva.
Negli ultimi anni aveva gravi problemi di salute, ma mangiava, beveva e fumava tanto, contro ogni ragionevole consiglio.
Quando è morto Roberto non l’ho mai vista piangere.
Andandosene si è portata via tante cose e con lei, per me, sono finiti gli anni ’70.