A testa
in giù



Mauro Orletti
Jessica Lagatta

A testa in giù



Appena nato aveva braccia corte e dita lunghe. A tre anni le braccia avevano cominciato a crescere, le dita avevano smesso di allungarsi. A sei anni braccia e dita avevano preso le giuste proporzioni. A sette qualcuno diceva che le orecchie avevano una forma strana, qualcun altro che il naso era fuori misura. A otto, mentre tutto il corpo si sviluppava in modo ordinario, la gamba sinistra aveva smesso di crescere. Ormai adulto, aveva una gamba che misurava metà di quell’altra. Perciò era stato soprannominato Mezzopasso.



Per come funzionava la sua testa sarebbe stato più giusto chiamarlo Doppiamente, ma è difficile notare certe caratteristiche. La casa in cui viveva dimostrava chiaramente quanto fosse ingegnoso. Era fatta su misura: pavimenti e scale erano in parte rialzati, così da dare appoggio a entrambi i piedi. Tavoli, sedie, poltrone e armadi erano progettati per adattarsi a questo doppio livello.



Per strada Mezzopasso usava un monociclo che era anche monopedale (aveva solo il sinistro). Al piede destro indossava un pattino e in questo modo si spostava velocissimo da un punto all'altro di Stramborgo di Sopra. Molti, quando lo vedevano sfrecciare, prendevano paura. Umberto, il vigile urbano, voleva sempre fargli la multa.
Fischiava così forte che lo sentivano tutti, perfino i bambini dentro la scuola. Scoppiavano a ridere e dicevano: "Questo è Umberto che cerca di multare Mezzopasso". Per riportare l'ordine in classe la maestra Filomena diceva di preparare i quaderni per il dettato: "I vostri compiti sembrano scritti coi piedi! Cercate di migliorare la vostra grafia!".



A quel punto nessuno pensava più alle multe di Umberto e la voglia di ridere passava come al festival di poesia di Stramborgo di Sopra, quando Gaspare - poeta pessimista - recitava versi in cui c'era sempre uno che voleva buttarsi sotto al treno perché il mondo era una cosa orrenda. L'ultima volta, per evitare un pubblico piagnisteo, il sindaco era salito sul palco e aveva annunciato così, su due piedi, una tassa sulle lacrime.
Comunque anche quel giorno Mezzopasso era sfuggito alla multa di Umberto ed era arrivato come un fulmine al mercato. Lì si era fermato al banco di un nuovo commerciante.


Vendeva un frutto, il blumone, che nessuno a Stramborgo di Sopra aveva mai assaggiato. Nonostante arrivasse dall’odiato paese rivale di Stramborgo di Sotto, era molto speciale. A parte dei pallini gialli sporgenti, aveva un bel colore blu. Mezzopasso mangiò una fetta sottilissima e la trovò così buona che ne comprò subito un chilo. Siccome il blumone era grande e tondo come la testa del sindaco, ma pesava come il cervello che c’era dentro, ne portò a casa tre buste. Dopo cena affettò un blumone ma non riuscì a finirlo: due morsi soltanto avrebbero addormentato perfino un cavallo. Al mattino si svegliò pieno di energie. Scese dal letto ma si trovò faccia a terra. Riprovò a mettersi in piedi, di nuovo faccia a terra. Tornò ad alzarsi e siccome aveva il pigiama in disordine si guardò allo specchio. Si accorse allora di essere a testa in giù.



Tentò di mettersi dritto ma fu inutile. Prese il monociclo per correre dal medico ma rinunciò subito: i capelli finivano intrecciati nei raggi della ruota. Allora andò a piedi anzi, a mani, e quando entrò nello studio al posto della segretaria trovò due gambe che ruotavano come il periscopio di un sommergibile.
Chiese a entrambe di essere visitato e quella più agile si inclinò per indicare la porta dell'ambulatorio.
Dentro lo aspettava il dottore con la testa affondata nel cuscino della poltrona.
"Anche lei?", esclamò Mezzopasso.
"Come tutti, o quasi… Quelli che hanno mangiato quel nuovo frutto, il blumone, sono arrivati a testa in giù. Ho scoperto la causa ma non conosco il rimedio", disse il dottore.


Mezzopasso pensò di chiederlo al fruttivendolo ma il banco era vuoto e lì davanti una piccola folla a testa in giù gridava e batteva le mani sull'asfalto. " Se il blumone arriva da Stramborgo di Sotto," disse qualcuno, "allora il fruttivendolo si sarà messo d’accordo con i nostri vicini per farci un brutto scherzo". Una piccola folla si mise in marcia per raggiungere il paese rivale. A metà strada il gruppetto incontrò alcune persone di Stramborgo di Sotto, anche loro a testa in giù e anche loro in marcia per lo stesso motivo. Si scoprì che il fruttivendolo aveva venduto il blumone in entrambi i paesi.
"Comunque adesso devi rimettere le cose a posto", gli disse Mezzopasso quando riuscì a trovarlo. "Basterà mangiare i fiori del blumone", rispose il fruttivendolo. "Crescono nel bosco dei Soffioni Giganti".


Quella notte i due partirono alla ricerca dei fiori. Dopo tre mesi arrivarono ai margini del bosco, ma erano solo all’inizio dell’impresa. Se provavano a raggiungere l’albero del blumone, i soffioni cominciavano a vorticare riportandoli indietro. Il fruttivendolo era ormai rassegnato al fallimento ma Mezzopasso, che aveva sollevato lo sguardo a terra per riflettere, esclamò: "Ho capito! Non sono i soffioni a muoversi. E neppure l'albero del blumone. Siamo noi!".
"Com'è possibile?" domandò il compagno di viaggio.
"Vedi?", e tamburellò le dita a terra per attirare il suo sguardo. "Il vento fa muovere le ombre e noi con loro. Basterà evitare di passarci sopra e riusciremo ad attraversare il bosco".


Mezzopasso aveva ragione e, in un batter d’occhio, arrivarono all'albero. Ma i fiori non si lasciavano cogliere e i rami li bacchettavano sulle mani e sui piedi se cercavano di avvicinarsi.


Anche questa volta il fruttivendolo pensò di rinunciare e andò a sedersi su una pietra lì vicino. Invece Mezzopasso, camminando intorno all'albero, notò qualcosa di strano: le sue radici si ritraevano appena lui le sfiorava con le dita.
"Ah," disse ad alta voce, "ma tu soffri il solletico!".
Iniziò a grattare la base dell'albero con le dita dei piedi, il tronco si mise a vibrare e i rami furono scossi da un tale fremito che tutti i fiori caddero a terra.
"Mezzopasso sei un genio!", disse il fruttivendolo.
Mentre perdevano tempo a darsi pacche sulle spalle, un enorme sciame di api si posò sui fiori impedendo ai due di raccoglierli.
"Questa volta non abbiamo scelta", piagnucolò il fruttivendolo, "dobbiamo arrenderci".
"Perché mai?", chiese Mezzopasso. "Su, aiutami a tagliare due soffioni".



Poi, aggrappandosi con forza, li utilizzò come certi acrobati usano i trampoli, però al contrario. Si sistemò nel punto in cui, grazie al sole, la loro ombra cadeva esattamente sui fiori.
"E adesso tieniti pronto," disse al fruttivendolo.
L'ombra dei soffioni scivolò via da sotto lo sciame portando con sé i fiori. Il fruttivendolo fu rapido a raccoglierli e a scappare.


"Adesso puoi mangiarne uno," disse "così torni dritto".
"Non ancora," rispose Mezzopasso "manca molta strada e senza il mio monociclo farei troppa fatica".
Tornarono a Stramborgo di Sopra sei mesi dopo essere partiti. Siccome era notte e in giro non c'era nessuno andarono direttamente a dormire. Al mattino il fruttivendolo era sparito di nuovo. Aveva lasciato un biglietto nel quale diceva di essere dispiaciuto ma, visto che di lui non c’era più bisogno, sarebbe andato a vendere uno speciale tubero viola a Grattacapo Riccio.
"Combinerà sicuramente un brutto guaio!", pensò Mezzopasso mentre mangiava un fiore di Blumone.
L'effetto fu immediato: una mezza capriola ed eccolo dritto.


Inforcò monociclo e pattino e andò al mercato per dare a tutti la buona notizia. Attraversò la piazza del municipio, anche se questo significava prendere una multa da Umberto. Lo sfiorò quasi, pedalando a tutta birra, ma non ci fu alcun fischio perché il vigile, a testa in giù, non riusciva a usare il fischietto e lasciava che tutti circolassero liberamente.




I bambini di Stramborgo di Sopra, quindi, non seppero che Mezzopasso era tornato e non risero per via del solito fischio. Continuarono a riempire il loro quaderno mentre la maestra Filomena, che scriveva sulla lavagna coi piedi, faceva a tutti dei gran complimenti.


Al mercato però non c'era nessuno.
"Cos'è successo?", chiese a una signora che passava di lì.
"Sono tutti al festival di poesia di Stramborgo di Sottosopra", rispose. "Se ti affretti fai in tempo ad ascoltare le poesie del nostro Gaspare".
Al festival trovò anche gli abitanti di Stramborgo di Sotto. Alcuni dritti, altri a testa in giù. Applaudivano Gaspare che, da un microfono rasoterra, declamava una poesia che invitava uomini e donne a godere delle gioie della vita. Perché, si diceva in questa poesia, il mondo è un posto bellissimo sotto ogni punto di vista.
Dopo arrivò il sindaco di Stramborgo di Sopra che, visto il successo della manifestazione, annunciò così, su due mani, che avrebbe dimezzato le tasse. Quello di Stramborgo di Sotto, per non essere da meno, fece altrettanto.


Il fruttivendolo pasticcione, quindi, era riuscito a capovolgere le cose. Gli abitanti dei due paesi vedevano tutto da un'angolazione diversa. E grazie all’impresa di Mezzopasso poterono scegliere di mangiare il fiore o il frutto e cambiare periodicamente punto di vista.
Lo stesso Mezzopasso, dopo sei mesi che girava con pattino e monociclo, mangiò un paio di fette di Blumone. Il giorno dopo, di buon mattino, prese la via che portava fuori dal paese. Era diretto a GrattaCapo Riccio, dal suo amico fruttivendolo.



Testo di
Mauro Orletti

Illustrazioni di
Jessica Lagatta

Giunti Scuola, 2015

Notizie sugli autori


Mauro Orletti è nato a Chieti nel 1977. Ha studiato giurisprudenza a Bologna dove vive e lavora. È impiegato in un’azienda dove si occupa di relazioni sindacali.
Ha collaborato con la rivista "L’Accalappiacani, settemestrale di letteratura comparata al nulla" (Deriveapprodi) che si faceva a Reggio Emilia. Ha pubblicato nel 2014 "Piccola storia delle eresie" (Quodlibet).

Jessica Lagatta è nata in un piccolo paese dell’Abruzzo. Ha frequentato la facoltà di architettura e attualmente sta svolgendo un dottorato in design nel quale si occupa della “progettazione per l’inclusione”. Ha illustrato diversi libri. Alcuni suoi disegni e poesie sono usciti su "L’Accalappiacani, settemestrale di letteratura comparata al nulla" (Deriveapprodi).